Altro, In movimento

Valencia – 4

Airone cenerino, Albufera, Valencia

Oggi (in realtà ieri ma con i problemi che ci sono stati la pubblicazione dell’articolo è stata posticipata) è il giorno della natura allo stato brado, dei sapori di isola della Cona in terra iberica, della liberazione delle passioni ornitologiche di chi scrive e della preoccupazione dei maschi della combriccola, non chiaramente in quanto maschi, bensì in quanto altri da me.

La colazione è stata fornita direttamente dalla Pasteleria Alfonso Martinez, ricca di interessanti proposte dolciarie e non, sulle quali ci siamo persi per diversi minuti prima di passare a una scelta definitiva che avrebbe escluso imperdonabilmente alcuni dei manicaretti preparati in questa pasticcieria. Ne assaggiamo di ogni, tutto buono quindi, se siete da quelle parti, fateci un saltino. Carichi scappiamo velocemente alla Plaza della Reina per prendere l’inconfondibile bus rosso “special” che ci porterà al parco naturale dell’Albufera!

Subito ci regalano degli auricolari rossi, inguardabili e un po’ scomodi ma che ancora conservo perchè sono gli unici low-cost (gratis… più low-cost di così) che ancora funzionano dopo essere stati utilizzati più di tre volte (e che la Sony si tenga pure i suoi futuristici e comodissimi da dieci euro palesemente programmati per autodistruggersi dopo due settimane)! Durante il percorso una voce ci spiega vari aspetti dei monumenti della città davanti ai quali passiamo, tra questi pure il complesso di Calatrava, tra i più vicini alla costa e quindi alla zona di uscita della metropoli per andare all’Albufera. Passiamo un canale nella periferia di Valencia e piano piano ci addentriamo in un paesaggio totalmente differente, la ruralità si fa spazio e iniziamo a scorgere le prime risaie, che accolgono stormi di gabbiani e alcuni aironi cenerini. Già il mio cuore va in defibrillazione per la fauna avicola che si può apprezzare da questo punto del percorso, facendomi presagire lo spettacolo di cui potremo godere di lì a poco.

Quando arriviamo il percorso richiede di dirigersi, appena scesi dal bus, alla barca che ci porterà all’interno del parco dell’Albufera. Quindi seguiamo un cartello che riporta la scritta verde “Paseo en barca” trovando un giardino con casetta a fianco in fondo al quale si scorge un canale e una barca, con un anziano signore che ci sta aspettando per partire e iniziare il tour. Ci affrettiamo, saliamo, ci sediamo ed io inizio a farmi prendere dall’affanno emotivo causato da visioni ravvicinate di esseri appartenenti all’ordine dei ciconiformi, come aironi guardiabuoi e aironi cinerini (veramente tantissimi). Continuano per tutto il tempo a volare sopra la nostra testa le sterne e avvistiamo poi una lista quasi infinita di altri uccelli: aironi bianchi, cavalieri d’italia, garzette, germani reali (anche in formato famiglia), nitticore, ibis dalle penne nere non meglio identificati, gabbiani e alcune probabili sgarze dal ciuffetto. :)

Giro in barca al parco de la Albufera, Valencia

Non ci sono però solo volatili da vedere, dopo aver girato un po’ tra le canne infatti il paesaggio si apre a una distesa d’acqua dove dei pesci ci mostrano uno spettacolo singolare, saltando continuamente fuori dall’acqua per catturare probabilmente gli insetti che volano bassi nell’aria. Purtroppo erano talmente veloci che non è stato possibile fare uno scatto in cui poter capire di che animale si trattasse.

Finito il giro saremmo potuti tornare subito indietro ma abbiamo deciso di farci una passeggiata in paese (El Palmar), scoprendo così che nessun ristorante era aperto e che non avremmo di certo nè pranzato nè cenato qui. Un vero peccato perché, a detta di Pedro, qui avremmo potuto mangiare la migliore paella che potesse essere servita in tutta la zona di Valencia. Ci fermiamo comunque a bere qualcosa di fresco, anzi… ghiacciato, al primo e unico bar aperto che incontriamo. Rimaniamo seduti per un bel po’ perchè la giornata è parecchio torrida e non c’è ancora molta di voglia di camminare troppo sotto il sole. Rinfrescati e carichi di energia (si fa per dire :), torniamo a perlustrare la zona abitata: classico villaggio trasandato di pescatori, con canali e barche molto pittoresche che ricordano Venezia (se non si guarda il verde attorno, chiaramente :P), gatti che passano tronfi di aver cacciato con successo piccoli passeriformi e garzette che tentano di farsi mettere sotto da ignare automobili che passano noncuranti dell’ennesimo ciconiforme che mi ha fatto andare in tilt! :D

Casetta pittoresca a El Palmar, Valencia

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Avendo perlustrato in lungo e in largo El Palmar decidiamo di provare a incamminarci sulla strada dalla quale siamo venuti, forti del fatto che troveremo altre zone pittoresche con vista sul mare, avendone prima discusso con i gestori del ristorante “Racó de les Eres“, dove la cucina purtroppo era chiusa, ma abbiamo potuto bere un due birrette e trovare una mappa in stile cartoon piena di informazioni sui vari percorsi che si possono seguire nella zona naturalistica, nonché il numero del mese della rivista “Seducciòn Ambiental”, totalmente scritta in valenziano (varietà di catalano che si parla da queste parti). Qui a Valencia la lingua usata è spesso duplice, ad esempio i cartelli informativi come quelli della città della scienza, sono quasi sempre scritti sia in castigliano (cioè in spagnolo) che in valenziano, lingua ufficiale della Comunità Valenciana che è la regione di cui è capoluogo Valencia. A volte alcune realtà però abbandonano totalmente il castigliano per comunicare esclusivamente in valenziano, che ha comunque anch’esso ruolo di lingua ufficiale, chiaramente solo nelle zone in cui viene parlata.

Tornando a noi prendiamo la via del ritorno a piedi, anche se poi per ritornare alla metropoli dovremo fare dietrofront per raggiungere la fermata dove siamo scesi nella mattina. Raggiungiamo il primo punto d’osservazione e siamo già mezzi ustionati dal solleone, il posto è un po’ trasandato ma scorgiamo degli scorci sulla laguna abbastanza carini. Nel frattempo il paesaggio si spiega in un clima di ruralità con piccoli appezzamenti coltivati da privati dove crescono rigogliose piante di zucca e di cocomeri, nonchè viti, alberi di limoni, di pesche e lime (a tratti sembra proprio di essere in Sicilia). Tra un appezzamento e l’altro iniziamo a scorgere anche delle grandi risaie, già inondate dall’acqua e con le piantine di riso alte e verdi.

Riusciamo a raggiungere una grande costruzione e lì qualcuno cede il passo a chi invece, temerario, riesce a procedere sotto il sole cocente raggiungendo un piccolo resort, dal quale lo spettacolo ripaga della strada fatta, oddio forse io ero l’unica super eccitata in questo momento, ma Omar, l’altro temerario, non era poi così deluso secondo me. :)
Torniamo velocemente indietro per riprendere i nostri due amici cotti e distrutti e tornare alla fermata del bus prima di rischiare di perderlo e condannarci a una vita tra le canne e gli aironi. Ummmm… sarebbe stato poi così brutto? :)

A parte gli scherzi credo che il giro che abbiamo fatto noi sia da consigliare a pochi e soprattutto per poter essere sicuri di goderselo a piena sarebbe da organizzare con estrema dovizia, in modo da capire tutte le corrette tempistiche per riuscire a fare il tour in barca, mangiare ed eventualmente seguire almeno uno dei tanti percorsi proposti dal parco, senza però che la gita diventi un mezzo suicidio di massa.

Via verso l'Albufera, Valencia

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Specchietto retrovisore a portata di... strada, Albufera, Valencia

Rossi in volto e in ogni parte del nostro corpo che fosse riuscita a prendere un minimo di sole, torniamo stanchi e affaticati a Valencia, col bus rosso dell’Albufera, ritrovando così pian piano il paesaggio metropolitano e gli alti grattacieli che lo caratterizzano. Possiamo decidere di scendere dove preferiamo così, invece di andare fino alla Plaza de la Reina, ci fermiamo nei pressi della città della scienza per raggiungere poi il parco dove poterci godere un bel riposino di più o meno mezz’oretta nell’erba fresca e sotto l’ombra degli alberi. Beh, almeno così abbiamo scelto di fare io e Ale, mentre gli altri due se ne andavano ai piani alti della metropoli chiassosa, piena di auto e turisti a far non si sa che e… ad attenderci. Sì perchè a un certo punto ci eravamo così rilassati su quel manto erboso che li abbiamo fatti aspettare un po’ troppo. :)

Omar sfoggia, più o meno da subito, in questo agognato rientro in città, uno dei suoi spettacoli migliori: indossa il mio povero cappello che non è decisamente a misura della sua testa e gira per Valencia con questo aspetta da artista pazzo e un po’ ridicolo, boccheggiando e chiedendo birra e cibo ad ogni porta di ristorante che per nostra sfortuna troviamo ancora chiusi (alle 19.30 siamo riusciti a incontrare qualcuno che apriva, ma ormai sapete quali sono gli orari spagnoli, che ve lo dico a fa’!).

Gru vicino al porto di Valencia

Grattacielo di Valencia

Omar e il mio cappello a Valencia

In uno di questi giorni ci siamo fermati in un locale dove servivano esclusivamente paninetti speciali imbottiti con ogni tipo di formaggio e salume spagnolo. Ale aveva deciso di farsi ammaliare dall’ingrediente speciale sobrassada, per il semplice motivo che gli ricordava molto la parola “soppressa”. Subito l’ho schernito assicurandolo del fatto che sicuramente si trattava di un “falso amico” e che quindi non sarebbe di certo stato qualcosa che ricordasse un salame. All’arrivo dei panini le conferme: la sobrassada risultava essere qualcosa di cremoso e rosso di cui non si comprendevano molto bene gli ingredienti. Fortunatamente il locale era dotato di rete wifi, ne abbiamo approfittato subito, scoprendo che la sobrassada altro non è che un insaccato di maiale dalla consistenza cremosa, pieno di paprika (da cui il colore rossissimo) e gustosissimo, che ricorda molto, nelle fattezze, non di certo nella piccantezza che nulla avrebbe a che vedere con la classica cucina spagnola, la ‘nduja calabrese.
Forti di questa conoscenza fatta nell’esperienze precedenti, quando ci imbattiamo nel locale “La marrana” pubblicizzato come “Il locale della cubana, dove si posso bere i più buoni mojito di Valencia” e scopriamo un piatto con queso e sobrassada, io e Ale lo ordiniamo senza batter ciglio (fame è fame, e poi… sobrassada è sobrassada!!! :). Piatto ottimo da consigliare a chiunque, tant’è che ne abbiamo ordinato subito un’altra porzione, nonostante si trattasse dello spuntino prima della cena, che avremmo gustato di lì a un’ora. Prima di andarcene chiediamo alla signora cubana fino a che ora terrà aperto il locale, che probabilmente era questo questo, per poterci tornare in tempo e berci il suo famigerato mojito originale.

Uomo al bar che legge il giornale, Valencia

Andiamo quindi a lavarci e ripieghiamo su “El Rall” per la cena, il locale dove abbiamo mangiato già nelle prime due sere, tutto questo perchè non vogliamo fare tardi e rischiare di perderci l’ultima notte di follie. Assaggiamo le chuletas di bovino, ottime, in pratica delle costate. Incredibilmente ceniamo anche abbastanza presto, è infatti poco più tardi delle 21.30 quando iniziamo ad addentare la carne, ma nonostante questo, quando raggiungiamo la cubana riceviamo una grossa delusione: il locale sta chiudendo e appena le diciamo che non potremo mai più tornare per berci il suo spettacolare mojito, lei fa spalline e ci dice: “Sarà per la prossima occasione!”. Sgrunt, questa risposta non ci è proprio andata giù e proseguiamo il giro maledicendo la tipa cubana in lungo e in largo, tant’è che probabilmente una visita dall’otorino l’avrà anche fatta in quei giorni. :P

La serata è durata tantissimo ma non ricordo più molto, tranne il fatto di aver trovato davanti a un locale in cui preparavano un’agua de valencia oscena, un giocoliere con clave infuocate e un nugulo di persone che lo osservano. Nonsotante il giorno dopo ci sia l’aereo per gli altri due, le foto indicano che la notte quella sera è stata molto brava e il ritorno a casa si è concretizzato solo alle 3 di mattina. Anzi solo guardando i vestiti che indosso nelle foto, mi accorgo che il localino degli alcolici e caramelle decantato nel post precedente l’abbiamo visitato in realtà oggi, proprio per calmare il bollore procurato dalla simpatica cubana!

Un’ultima cosa: se qualcuno di quelli che erano con me queste sere, si ricordasse dove si trovavano i posti che abbiamo visitato nella sera, riuscirei a recensirli con nome e indirizzo a differenza di come ho dovuto fare in questo post. Tra questi posso comunque già indicare un baretto accanto al Rall, “The lounge bar“, dove tengono aperto fino a tarda ora facendo stare la gente all’interno del locale dopo l’una a causa delle severe leggi sugli orari di apertura dei locali, e dove abbiamo bevuto dei buoni e classicissimi cubata con rum e bibita gassata.

Buona navigazione! ;)

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3 Comments

  • Reply Katia 23/06/2013 at 15:35

    Dopo una chiacchierata con i compagni di viaggio fatta ieri sera, ho modificato alcune cose riguardanti la tipa cubana. Il link su GoogleStreetView era sbagliato e ho aggiunto il nome del locale. ;)

  • Reply Mara 23/06/2013 at 16:06

    Naturalmente tutto bello e irritante x me,ho l acidità al massimo e mi viene da urlare ma il post al solito è simpatico e fatto benissimo!!dio,le foto di Omar e Ale sono raccapriccianti ma che ci possiamo fà!cosi ce li hanno dati e cosi ce li teniamo dai… :-)

  • Reply Riccardo 25/06/2013 at 23:03

    La lurida Marrana!!!!!! Ma ancor più la torrida e soprattutto arsa zona dell’Albufera! Incubi!

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