Altro, Emozioni

A suon di green economy

Piantine di pomodori pacciamate

Ci sono termini della lingua italiana che fino a pochi giorni fa era decisamente inusuale sentir nominare in tv e che ora stanno sulla bocca di tutti, soprattutto dei giornalisti, o presunti tali, e ancor di più dei politici. Internet: mentre prima era solo una possibile fonte per riuscire a scrivere il decimo servizio della serata, ora si sente nominare a spron battuto su ogni telegiornale, ma sta volta perchè sono i partiti ad usarlo, chiaramente intimoriti dalla crescita spaventosa di un movimento politico esploso proprio grazie alla rete. Quella stessa rete che ci permette di essere qui in questo momento, me come autrice e voi come lettori. Economia sostenibile: o green economy, come la volete chiamare? Cos’è questa famosa green economy? Non è altro che un’economia che tiene conto anche dell’influsso che può avere sull’ambiente ciascuna, e dico ciascuna, delle fasi della produzione di un bene o di un servizio. Vicine a quest’idea verde di economia sono molte le realtà nate ormai diversi anni fa. Tra esse troviamo anche iniziative legate alla vita quotidiana di ciascuno di noi e alle quali possiamo pensare di prendere parte in ogni momento. Ed è qui che voglio andare a parare e mostrandovi una lista di associazioni e progetti ecologicamente ed economicamente sostenibili, mettendo in primo piano quelle realtà che cercano di insegnarci ogni giorno a mangiare in modo più consapevole e rispettoso della nostra salute e dell’ambiente in cui viviamo.

  1. SlowFood: Nasce formalmente, con il nome che conosciamo e come movimento internazionale, nel lontano 1989, forse uno dei marchi più famosi e contemporaneamente meno compreso. Slow Food vuole ridare a tutti la possibilità di mangiare con gusto, con piacere, permettere anche a chi ora non se lo può permettere, di mangiare qualcosa di veramente buono e di alto livello gastronomico. Vuole educare al gusto e all’alimentazione, promuovendo modi consapevoli e sostenibili di avvicinarsi alla buona tavola. Per questo cerca di riportare a galla la possibilità di esprimere le specialità gastronomiche locali e che hanno caratterizzato storicamente un territorio. Alcuni presidi Slow Food friulani sono il formadi frant, l’aglio di Resia, il pestat di Fagagna e la pitina. Andate qui per scoprirne di altri anche nel resto del mondo.
  2. Terra Madre: progetto accompagnato ancora una volta dalla figura di Carlin Petrini e che nasce, nel 2004, dalla forte necessità di rendere più efficaci le intenzioni del progetto Slow Food, cercando di avvicinarsi anche a chi fa in modo che il cibo arrivi sulle nostre tavole, i piccoli produttori insomma. Un motto che caratterizza questo progetto è "Mangiare è un atto agricolo e produrre è un atto gastronomico", di cui sono anch’io profondamente convinta e me ne persuado sempre più ogni volta che preparo con pazienza le miscele di terra più adatte a quella o quell’altra pianta da coltivare, come si fa con un impasto o un risotto o quando preparo un macerato d’aglio o di peperoncino per la lotta biologica agli acari (altro che pesticidi, provatelo è facilissimo, basta mettere dei pezzetti di aglio in una bacinella piena d’acqua e lasciare al sole per 2/3 giorni, filtrare e usare spruzzandolo sulle piante attaccate) o, meno metaforicamente, quando sgrano i piselli, pulisco le carote o l’insalata dalla terra o quando esco in giardino a buttare i resti delle mie verdure nel cumulo del compost.
  3. Sgranatura dei piselli dell'orto

  4. Pasta Madre: questo sito è a dir poco fantastico. Non solo c’è l’ormai famosissima ricetta del lievito madre, che possiamo trovare in cento altri siti di cucina, ma troviamo anche l’utilissima lista degli spacciatori di lievito madre, sì sì proprio così, spacciatori :). La pagina è questa ed è facilissimo trovare i coltivatori (o allevatori :P) di lievito madre più vicini a casa vostra. Leggendo qua e là si scopre poi come ognuno abbia la sua pasta con le sue peculiarità, alcuni hanno semplicemente preso un pezzo di quella del loro amico panettiere, altri l’hanno fatta da zero in casa, altri ancora dicono di coltivarla dallo stesso ceppo da ormai 5 anni. Un mondo stupendo di persone che si incontrano non solo contattandosi privatamente, ma anche in modo ufficiale con gli eventi organizzati da Pasta Madre, dove i vari spacciatori appunto si incontrano, impastano il loro lievito e lo infornano assieme, aumentando così le proprie conoscenze personali non solo in termini di panificazione. Qui sotto la loro simpatica ricetta in versione fumetto per fare il pane col lievito madre.
  5. Ricetta del pane con lievito madre

  6. La BioFesta di Ragogna: non è altro che una sagra, ma completamente all’insegna del sano e gustoso mangiare. Qui tra le poche cose che ho avuto modo di assaggiare perchè quando ho potuto ordinare qualcosa avevano già finito tutto, dal momento che ero lì per cantare col mio gruppo, ci sono le patate fritte. Ho un ricordo sublime di quelle patate, mi hanno riportato istantaneamente ad alcune cene di tanto tempo fa accompagnate appunto dalle patate che faceva mia madre quando ero piccina piccina. Molto di quello che viene servito alla BioFesta di Ragogna è biologico o a chilometro zero, concetti estremamente moderni ormai e che loro portavano avanti con successo da prima ancora che Legambiente pensasse di premiare le sagre dedite al basso impatto ambientale con il premio Sagre Virtuose.
  7. Sagre Virtuose: sono ormai molte le sagre del Friuli Venezia Giulia che iniziano a darsi da fare nel mettere in pratica almeno alcune delle azioni virtuose definite da Legambiente. La sezione friulana della famosa onlus ha indetto, nel 2011, la prima edizione di un concorso che vede protagoniste appunto le sagre di cui si accendono le serate estive mondane, e che permetterà, attraverso questi eventi di festa, arricchiti di musica e gastronomia, la sensibilizzazione ad un maggior rispetto dell’ambiente in cui viviamo. Qui il regolamento del concorso che contempla il criterio con cui vengono dati i punteggi e le tre onoreficenze che caratterizzano il primo, secondo e terzo posto, vale a dire il Festone virtuoso d’oro, d’argento e di bronzo.
  8. Box verdi a domicilio: è oramai una consuetudine per molti, che si fanno arrivare la cassetta di frutta e verdura direttamente a casa propria o sul posto di lavoro. Questi box vengono preparati direttamente da chi poi li consegna, inserendo i prodotti della settimana, fatta eccezione di quelli che il cliente ha richiesto di omettere. Le realtà sono tante, non è difficile rintracciarle sul web e raggiungono anche territori friulani, alcune di esse sono, ad esempio, questa, con sede ad Ariis di Rivignano, e questa, gestita da produttori dell’Alto Adige e che fornisce parte del Friuli Venezia Giulia e non solo.
  9. Sharing: che in inglese significa condivisione. Di ogni cosa vi venga in mente, ormai le idee sono diventate un milione! Foodsharing per condividere il cibo che altrimenti andrebbe in scadenza, con conseguente spreco di risorse alimentari, carsharing per non comprare un auto ma girare comodamente per la propria città con l’ausilio di un motore a quattro ruote guidato da noi stessi, landsharing per coltivare un orto senza avere un pezzo di terra o per permettere di far fruttare un proprio appezzamento al quale proprio non riusciamo a dedicare sufficienti attenzioni. Altra realtà basata sempre su logiche di condivisione ma che non porta nel proprio nome il termine sharing, è il coworking modo per lavorare in un ufficio a tutti gli effetti abbattendo però i costi di mantenimento e creando le basi per fruttuose sinergie date dall’interazione di figure professionali spesso anche molto diverse una dall’altra. Un sito ancora in fase beta che permette di trovare locali a disposizione in tutta Italia per attività di coworking è questo.
  10. Veg: che può stare per vegeteriano e per vegano. Sono le nuove abitudini alimentari che stanno dilagando, non a caso e non solo per moda come molti forse vorrebbero farci credere. Il tutto nasce certamente da una profonda consapevolezza di cosa stiamo facendo a noi stessi e al mondo con la nostra scarsa conoscenza alimentare, che spesso vuol dire molto di più di imparare le regole fondamentali della piramide alimentare, del calcolo delle calorie e dei ruoli nutrizionali di ogni prodotto che arriva sulla nostra tavola. Riporto il link di un blog di una ragazza vegetariana, Samantha, nella quale mi sono imbattuta pochissimo tempo fa, trovando un sacco di idee carine, perfette appunto anche per provare a preparare qualche piatto lontano dalle solite proteine animali: carinissima la sua ricetta degli gnocchi di patate. :)
  11. Commercio equo-solidale: altro modo ormai da tempo conosciuto, per aiutare i piccoli produttori locali del sud del mondo, a resistere alla strapotenza dei colossi dell’economia mondiale, permettendo così una maggiore diversità di proposte presenti sul mercato, spesso anche impreziosite dal carattere biologico della produzione. Chiaramente parliamo sia di alimenti che di altro, come abbigliamento o prodotti di cosmesi.

Qui finisce la mia carrellata, certamente non esaustiva, di progetti volti a uno sviluppo della società e dell’economia maggiormente sostenibile e che si basano spesso su un rapporto stretto tra cibo, terra e noi stessi, ma anche sul semplice fatto che il nostro mondo è finito, che ogni risorsa non è illimitata e che possiamo ridurre al minimo ogni spreco per trarne vantaggi, non solo ecologici ma anche economici.

Ps. le foto chiaramente ritraggono momenti passati di vita rurale vissuta, non crediate che abbia già dei pomodori alti 40cm nell’orto e così tanti piselli da sgranare! ;)

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3 Comments

  • Reply Omar 11/03/2013 at 16:59

    coniderazioni:
    1 – Tutti dicono “costa meno perchè è km 0”, “non si arricchiscono i distributori, quindi a parità di prezzo si ha prodotti di qualità migliore” ma alla fine qualsiasi costa tutto 2-3 volte, nessuno è in grado di spiegare questo…
    2 – Coworking è quella pratica di mandare a lavorare le vacche mentre tu stai a casa a pascolare?

  • Reply Samantha 11/03/2013 at 21:30

    Grazie mille per la citazione! :)

  • Reply Katia 13/03/2013 at 23:18

    @Samantha: Ehi che bello vederti qui! :D Beh di niente, la tua piccola aiutante è veramente carina e poi approvo al 100% l’idea che la ricetta degli gnocchi di patate non possa risolversi in un testo scritto. Ti dirò che anche io c’avevo pensato a sto fatto, ma il video non avevo nemmeno osato pensare di farlo. ;) E li fai come li facciamo noi, senza uova! Bbbbbonii! ;)

    @Omar: Col kmzero si cerca di mettere fuori dalla porta quello che è la grande distribuzione, all’interno della quale avvengono le principali speculazioni sui prezzi: in alcuni casi i produttori sono costretti a rivendere i propri prodotti a un costo più basso di quello che permetterebbe loro anche solo di pareggiare i costi di produzione. Questo permette alla grande distribuzione di avere prezzi molto concorrenziali.
    Chiaramente se tu compri direttamente dal produttore, questi finalmente cercherà di ottenere quel benedetto guadagno che si merita, mi sembrerebbe il minimo. In tal caso di sicuro però il cliente, non pagherà il trasporto e i vari passaggi intermedi di vendita, ma solo il prodotto di per sè, che dI sicuro è anche di maggior qualità rispetto a quello che si potrebbe trovare al supermercato, per il semplice fatto che la raccolta dello stesso è stata effettuata nel giorno dell’acquisto o al massimo in quello precedente.
    Insomma quello che mi pare di aver capito, dopo qualche puntata di Report e altre informazioni prese qua e là :), è che molto spesso i costi più bassi nella grande distribuzione siano dovuti ad uno sfruttamento al ribasso del prezzo, a discapito sempre dei produttori.
    Una sicurezza data dal prodotto kmzero è sapere però chi l’ha prodotto e avere con questi un rapporto diretto (se avrai dei problemi saprai a chi rivolgerti, ad esempio). Questo obbligherà, tra l’altro, il produttore ad avere una condotta migliore nei confronti dei propri clienti, per ovvie ragioni.
    Infine dal momento che il tutto si riduce ad un rapporto produttore-consumatore, il meccanismo di rialzo e abbassamento dei prezzi dipenderà esclusivamente da questo rapporto e non da speculatori intermedi, con maggiore potere decisionale dello stesso consumatore, soprattutto nel caso in cui questo sistema sia la normalità.
    Di sicuro tutto quello di cui si sta parlando non è proiettato verso l’intenzione di poter finalmente pagare una zucchina 50cent al chilo, perché questo non è possibile se si vuole che il produttore sopravviva (e chiunque dovrebbe poter sopravvivere facendo il proprio mestiere, no?), bensì avere un corretto rapporto qualità-prezzo, un minore impatto ambientale (la zucchina non mi deve costare troppo in termini di emissioni di CO2 causa refrigerazione e trasporto), un ridotto margine di speculazione e quindi un’economia più sana e più equa.
    Per il secondo punto immagino che non volessi una risposta… X-P

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